“Vorrei essere l’idolo dei ragazzi napoletani e argentini, per far capire loro che tutto è possibile”. E’ questa una delle frasi più celebri di Diego Armando Maradona, considerato il miglior calciatore di tutti i tempi, che fece importanti dichiarazioni sulla sua figura e su ciò che rappresentava per l’Argentina e Napoli un po’ di tempo fa.

G: Diego, la storia della tua vita è diventata ormai iconica in tutto il mondo, soprattutto in Argentina e a Napoli, la tua seconda casa; vuoi esprimerti a riguardo?
D: Beh, se è davvero diventata iconica come dici tu, allora spero che lo sia per il Diego calciatore e non per il Diego uomo. Quando mi arrestarono in Argentina, nel 1991, per possesso di droga, sentii chiaramente le parole dei poliziotti che erano venuti a prendermi; uno dei quattro era talmente innamorato di me che sussurrò agli altri: “ragazzi, siamo sicuri di doverlo fare? Lui è l’idolo di mio figlio”, e proprio mentre mi caricavano in auto risposi a quest’uomo: “cabron! L’idolo di tuo figlio devi essere tu e non io!”. E oggi conservo lo stesso pensiero, non voglio che il Diego uomo sia l’esempio di qualcuno, perché ciò che ho fatto è stato semplicemente vivere la vita intensamente, senza pensarci due volte. Per il Diego calciatore invece è tutto un altro discorso. Sono nato da una famiglia molto povera e sono cresciuto per strada, a 15 anni, dopo aver firmato il mio primo contratto, mi ritrovavo a dover mantenere tutta la mia famiglia, composta da dieci persone. E poi guardate quel calciatore 10 anni dopo al Napoli. La mia non è una favola impossibile, certamente ringrazio Dio per tutto quello che mi ha concesso nella vita ma se sono arrivato a quei livelli io, un piccolo ragazzino povero e fragile come non tanti, allora lo può fare chiunque. Mi piacerebbe davvero tanto che il Diego calciatore diventasse l’idolo di tutti i bambini argentini e napoletani, specialmente i più poveri, qual ero anch’io, perché conosco la fame. Chissà se lo sono già adesso, bisognerebbe domandarlo a loro.
G: E del Diego uomo?
D: Premettendo che sono stato solo uno che si è lasciato andare ai propri piaceri senza riflettere troppo, oggi posso affermare che la cocaina è stato l’errore più grande della mia vita, senza ombra di dubbio. Ho dato un grande vantaggio a tutti i miei avversari a causa della mia malattia. Sapete che giocatore avrei potuto essere questo mio problema? Che giocatore che ci siamo persi! E la cosa che mi dispiace di più è che gli effetti peggiori di tutto questo sono stati risentiti da tutti i tifosi e la società napoletani, e stessa cosa per l’Argentina ovviamente. Se potessi tornare indietro non commetterei di sicuro lo stesso errore. Chiedo scusa a tutti per essere stato troppo debole, per aver ceduto.
G: La tua carriera, come ben tutti sanno, ha avuto il suo culmine proprio qui in Italia: sapresti descrivere la tua avventura al Napoli?
D: Semplicemente l’esperienza più bella che abbia mai affrontato. Mai avrei immaginato di incontrare una squadra con un popolo così accogliente e caloroso, l’affetto di Napoli non si può paragonare a niente. E’ stato un amore incondizionato. Solo io, Napoli e i napoletani sappiamo cosa abbiamo fatto l’un per l’altro. Io ho fatto del male, e spero di averlo fatto solo a me stesso, ma so che forse in fondo non è così.
G: Ci sarà un tuo erede secondo te?
D: Il mio erede? Io penso che nessuno è l’erede di nessuno, ci si può ispirare a qualcuno nel mondo del calcio e non solo, ma ogni giocatore ha la sua personalità. Se proprio devo fare un nome, posso dire che Totti è un giocatore incredibile e mi piace molto.
G: C’è una cosa di cui non tutti tifosi vanno fieri, soprattutto quelli inglesi, dico bene?
D: La mano de dios (ridendo). Fu epico. Non solo per il gesto, ma soprattutto per l’importanza della partita, senza quel gol non avremmo vinto il mondiale. Quando la palla si era alzata ho pensato: “non la prenderò mai”, poi però ho provato un azzardo e ho visto la rete gonfiarsi. Sapevo benissimo di aver compiuto un gesto scorretto, ma credetemi, se avessi detto che avevo segnato segnato di mano la partita sarebbe completamente cambiata e di conseguenza sarebbe stata probabile una nostra sconfitta, visti gli avversari. Così sono stato zitto e ho esultato insieme ai miei compagni. L’adrenalina che avevo in quel momento non mi ha permesso di pensare a ciò che era giusto o no, sono andato avanti e basta..
Daniele Cavuto

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