Man at the hall. Person in a grey sweater. Coronavirus theme. Guy in a mask.

Siamo costretti a vivere le nostre giornate indossando una mascherina che ci tappa la bocca e mantenendo una distanza tale da costruire esclusivamente rapporti distaccati e freddi. 

Anche quando torniamo a casa siamo travolti da valanghe di dati e pessime notizie che rendono ancora più remota la certezza di un futuro felice. Tra questi dati, però, si tende a trascurare l’aspetto più importante: per quanto possa essere rilevante il numero di vittime del Covid, non è assolutamente trascurabile l’impatto che la pandemia ha avuto e ha tutt’ora sulla società, in particolare sui giovani. Ripetono di non essere pessimisti e di aspettare il futuro con fiducia… ma come si può avere speranza se ormai si è abituati a conoscere solo la parte alta del viso delle persone nonostante siano passati due lunghissimi anni dall’inizio dell’epidemia?

Proprio per dar voce ai giovani, che corrispondono nel nostro Paese a più di due milioni e mezzo di individui, nel dicembre 2021 a Milano è stata svolta un’indagine promossa dalla Fondazione Soleterre e dall’Unità di Ricerca sul Trauma dell’Università Cattolica di Milano. La realizzazione delle interviste e l’elaborazione dei dati è avvenuta a cura di EMG Differen.

Lo scopo? Si mira a scoprire in che modo gli adolescenti abbiano vissuto la pandemia e quali siano state le emozioni percepite e gli atteggiamenti messi in atto.

È stato chiesto a un campione rappresentativo di 150 adolescenti tra i 14 e i 19 anni quali siano stati i sentimenti e i pensieri durante il lockdown e la pandemia.

Dai dati è evidente l’enorme difficoltà vissuta da questa fascia di popolazione. 

Alcuni giovani hanno riscontrato problemi fisici: il 12% degli intervistati dichiara di non sentirsi in forma, mentre il 34,7% dice di fare fatica ad addormentarsi.

Molti altri hanno percepito un radicale cambiamento emotivo: il 36% degli adolescenti intervistati afferma di sentirsi triste, il 34% afferma di non essere in grado di controllare il proprio comportamento; il 50 % si arrabbia con se stesso quando si sente turbato.

Tutto ciò porta ad un senso di confusione, tanto che il 40,7% degli adolescenti ha difficoltà a dare un significato a ciò che prova, e di rassegnazione, visto che il 69,3% afferma che l’evento è diventato parte della propria identità e normalità.

Il 64% dei giovani intervistati nutre forti rimorsi per i momenti sprecati a causa della pandemia: si è convinti che se questo evento tragico non fosse accaduto, oggi saremmo tutti persone diverse. 

Il dato più scandaloso? Il 17,3% (circa 490 mila individui) ha addirittura pensato “quasi ogni giorno” o “più della metà dei giorni” che sarebbe meglio morire o farsi del male a causa del dolore che la vita provoca.

Purtroppo non si può cambiare il passato, ma possiamo intervenire sul futuro: non lasciare i ragazzi soli nelle loro stanze o isolati dal mondo che li circonda, riabituarli ad uscire e a frequentare i loro coetanei, cercare di capirli ed evitare scontri genitori-figli sarebbero tutte azioni che ridurrebbero lo stress psicologico e fisico, che è già particolarmente importante durante il periodo adolescenziale.

Ma, soprattutto, evitiamo che perdano contatto con il mondo esterno: per rimettersi in sesto, la società ha bisogno di giovani attivi, intraprendenti e fiduciosi in un miglioramento futuro e nelle capacità della loro generazione.

SARA CORONA

Di admin