“Orwell 1984” è un film allucinato ed estremamente cupo, per certi versi più angosciante del libro scritto da George Orwell.
Alla regia abbiamo Michael Radford e gli attori principali sono John Hurt, che interpreta Winston Smith, e Suzanna Hamilton, che interpreta Julia.
La trama è ben nota: il protagonista, Winston Smith, vive in un mondo post-apocalittico e lavora come dipendente del Governo in qualità di correttore di fatti: ogni notizia passa per la scrivania sua e dei suoi colleghi e viene modificata a beneficio della politica del Governo.
La società in cui vive Smith è un totalitarismo estremo, governata con pugno duro dal Grande Fratello che scruta ogni momento della vita dei suoi sudditi, persino nell’intimità delle loro case.
Le persone sono state private del libero arbitrio, ridotte a schiavi che rispondono ad elementari e ben individuati impulsi: l’odio verso un nemico, il controllo del linguaggio, l’assimilazione della propaganda.
Alcuni di questi schiavi, il cui cervello non è ancora del tutto modificato dal Grande Fratello, cercano di spaziare in una verità alternativa. Smith si rifugia nell’unico angolo della casa dove il Grande Fratello non può vederlo e lì scrive e legge.
Conosce Julia ed intraprende con lei una relazione proibita. Viene sedotto dalla carismatica figura di O’Brien (Richard Burton nel film), un alto funzionario del partito che si finge dissidente solo per far uscire Smith allo scoperto, arrestarlo e torturarlo fino all’annientamento della sua volontà.
Il film risulta volutamente lento e ripetitivo, i protagonisti si muovono e parlano con lentezza impostata, a tratti irritante, sullo sfondo di esterni e interni dalle tonalità grigie e stantie.
Assenza quasi totale di colonna sonora, solo effetti distorti che sottolineano i momenti più tragici. Lo spettatore è martellato dagli stessi messaggi allucinatori con cui il Governo piega la psicologia dei sudditi, tutti giocati sulla deformazione del linguaggio: la schiavitù è libertà, la guerra è pace e così via, in modo da sottolineare il capovolgimento dei più elementari punti di riferimento.
“Orwell 1984” è un film disturbante. In ciò sta forse il suo maggior pregio. L’atmosfera oppressiva che Orwell ha voluto descrivere nelle sue pagine viene qui riproposta sotto forma di ambienti claustrofobici; più volte viene da chiedersi cosa sarebbe successo se il mondo intero, a un certo punto della sua Storia, fosse andato in un’altra direzione anziché in quella realmente imboccata.
Vittorio Aceto