“Particolare forma di pensiero, che non segue regole fisse né legami logici, ma si presenta come riproduzione ed elaborazione libera del contenuto di un’esperienza sensoriale, legata a un determinato stato affettivo e, spesso, orientata attorno a un tema fisso”. Questa è la definizione della parola “immaginazione” secondo il vocabolario Treccani. Ma concretamente come si fa ad immaginare? Flavia Florindi, professoressa di lettere al liceo scientifico “G. Galilei” di Pescara, racconta la sua passione per la scrittura, il percorso che l’ha condotta alla composizione di romanzi per ragazzi e, in particolare, come immagini appartenenti al quotidiano possano diventare lo snodo di intriganti storie, partendo da tematiche semplici sino ad arrivare alle più complesse.
Com’è iniziata la passione per la scrittura?
“Con i libri, libri e cartoni animati: sono del 1973, quindi sono una di quelle che ha iniziato a vedere le prime serie animate che arrivavano dal Giappone. Bisogna avere la testa che riesce ad andare dietro delle suggestioni: qualsiasi cosa può diventare un pretesto per creare una storia. C’é bisogno di tanta immaginazione…
Sì, immaginare. L’ho imparato dalla lingua latina. Significa sovrapporre altro ad una immagine reale, concreta: “andare a vedere cosa potrebbe succedere se…”.
A chi sono rivolti i suoi racconti?
“Ai ragazzi. Tuttavia, ho iniziato scrivendo storie che hanno adulti come protagonisti, poi ho scoperto per caso il mondo della letteratura per ragazzi. Ne sono rimasta affascinata, ho trovato tantissimi autori stranieri che scrivono in una maniera spettacolare, soprattutto gli anglofoni: oltre allo stile, gli argomenti. Si parla di incesto, pedofilia, suicidio, tematiche che qui stanno arrivando solo adesso, ma che io ho incontrato dieci anni fa”.
Deve essere complesso affrontare tematiche così complesse, rivolgendosi ad un pubblico così giovane.
“Una volta mi dissero: “Si può parlare di morte anche ai bambini”. Ero a un progetto di una scuola elementare di Varese; ho ricevuto lo stesso messaggio anche da una delle mie insegnanti: si possono raccontare anche cose scottanti, ma è il modo con cui le si vanno a raccontare che fa la differenza. Al tempo stesso anche una storia banale, una storia d’amore, ne abbiamo le tasche piene, può avere il suo effetto: dipende da come la si racconta”.
C’è una sua opera che le sta particolarmente a cuore?
“La prima: quella che sono riuscita a pubblicare. Ma ammetto che, dopo quella, non ho più cercato lettori, mi sono spaventata e mi sono messa a studiare: significa seguire corsi e scrivere tanto sotto la guida di qualcuno. “Il paese dei maghi”, ambientato a Penne, è completamente immaginario. Da allora mi sono spostata più sul realistico, la vena fantastica c’è sempre, ne sto scrivendo uno proprio di quel tipo lì, mi piacerebbe essere ironica, leggera”.
E’ difficile conciliare gli impegni scolastici con questa passione?
“Tantissimo: a casa ho anche le bambine. Al dì la del fatto che i corsi che seguo hanno un costo, riuscire a conciliare tutto é difficilissimo. Ho perso non so quante ore di sonno da quando ho iniziato e ogni anno faccio fatica a svegliarmi presto per poter tenere il ritmo. Bisogna incastrarla con gli impegni scolastici: preparare i materiali, le lezioni è faticoso. Però, come ha detto uno degli ultimi con cui ho fatto i corso, il tuo cervello è sempre là, in quella direzione, ti viene in mente un dettaglio, un’immagine. Io lavoro tanto con le immagini, anche una frase è in grado di far nascere qualcosa”.
Quindi si parte da immagini reali per realizzare scenari immaginari?
“Esatto, almeno io faccio così anche il così detto fantastico parte dal reale per poi andare in diverse direzioni. Un’idea può prendere una strada assurda ma anche possibile”.
Ha in programma qualcosa in particolare per il futuro?
“Sì, ho tanti progetti. Adesso, in particolare, sto scrivendo un paio di storie: uno è quasi completo, due sono ancora da iniziare a scrivere. Con questi vorrei provare a fare il salto, andiamo incontro all’estate, avrò tempo per potermi spremere! Mi piacerebbe tanto provare a proporli”.
SARA ZUCCARINI