Un vero politico. Un degasperiano di ferro. Un gran cattolico. Un uomo di potere, molto colto. Questo è ciò che si evince dal fu sette volte Presidente del Consiglio e 32 volte ministro, Giulio Andreotti. Il grande esponente della Democrazia Cristiana era solito annotare giorno per giorno telegraficamente gli incontri e le decisioni del giorno. Considerato re della “repubblica dei partiti”, come definì Pietro Scoppola la fase politica dal 1946 al 1994. Giulio Andreotti con il suo stile schietto, riflessivo ed alto ci avvolge. I suoi diari accompagnano il lettore informato o meno sulle vicissitudini della prima repubblica. Questo libro raccoglie i diari dal giorno dopo la fine del suo quinto governo  al giorno prima del sesto, quindi dal 6 agosto 1979 al 22 luglio 1989. In queste pagine si leggono alcuni momenti più celebri della politica italiana del secondo Novecento: il caso Sindona, lo scandalo Donat-Cattin e, soprattutto, la crisi di Sigonella. Tra i vari personaggi presentati dal suo punto di vista, oltre Carter, Reagan, Spadolini, Berlinguer, Arafat e Pertini c’è Bettino Craxi, talvolta con un velo di comicità:<<Aggiungo di non essere un suo ammiratore a tempo pieno>> (27 febbraio 1982). 
Questi particolari diari sono una lettura imprescindibile perchè redatti nel suo unico quadriennio senza incarichi governativi (non contando il periodo 1968-1971)  e i restanti sei da ministro degli esteri. Della sua grande competenza sulla politica estera si denota il grande appoggio per la nascita di un’Europa unita forte. Sembra, infatti, in varie asserzioni riecheggiare il Manifesto di Ventotene! Era il politico della stabilità governativa e della pace e ciò si desume dalle sue parole. Molto ironico, soleva sentirsi dire che aveva gli scheletri nell’armadio e zittiva tutti dicendo: “Ho tante passioni, ma quello di impresario funebre no!”. Otto anni fa se n’è andato tra grandi critiche e lodi. Come ogni grande uomo della storia, va studiato, sospendendo il giudizio. Esorto alla lettura del libro e a porci la domanda manzoniana “Fu vera gloria?”  e rispondere senza dire “ai posteri l’ardua sentenza”.

Federico Proterra

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