E’ morto Angelo Amadio, ultimo sopravvissuto al rastrellamento del 23 settembre 1943, in cui perse la vita il Vicebrigadiere Salvo D’Acquisto.
Era l’otto settembre del 1943. Un reparto di paracadutisti tedeschi, stanziatosi presso alcune vecchie postazioni nelle vicinanze della località Torre Perla di Palidoro, mentre ispezionava casse di munizioni abbandonate, fu investito dall’esplosione di una bomba a mano. Due paracadutisti morirono e altri due rimasero feriti.
Il comandante del reparto tedesco attribuì la responsabilità dell’accaduto ad anonimi attentatori locali e richiese la collaborazione dei Carabinieri della stazione locale, temporaneamente comandata dal vicebrigadiere Salvo D’Acquisto, per individuare i colpevoli, minacciando una rappresaglia se entro l’alba non fossero stati trovati e consegnati. Dopo vani tentativi di Salvo D’Acquisto di convincere i tedeschi che si trattava di un puro incidente, furono eseguiti dei rastrellamenti e catturate 22 persone scelte a caso fra gli abitanti della zona. Tra questi Angelo Amadio a cui la redazione di Arché rivolge una intervista “impossibile”.

Cosa ricorda di quei tragici momenti?
“Io ed altri ventuno ostaggi, stavamo scavando una fossa. Già immaginavo il mio corpo e quello dei miei sventurati compagni steso a terra. Pensavo alla mia famiglia, ai miei figli, a mia moglie. Tremavo.
E, mentre minuto dopo minuto, la terra scavata si depositava ai nostri piedi formando alti cumuli, i pensieri si affollavano nella mia mente. Mi tornavano alla memoria i ricordi di gioventù, di quando ero solo un ragazzo e mi divertivo a costruire castelli di sabbia insieme ai miei fratelli. Quella sabbia che scivolava via dalle mie mani, come a voler fuggire e confondersi tra gli altri minuscoli granelli, quella sabbia che avrei voluto essere in quel momento, per confondermi e scomparire tra le onde del mare. Ad un tratto la voce dell’ufficiale tedesco mi riportò alla realtà; dovevamo sbrigarci perché non avevano tempo da perdere! La fossa era quasi terminata…”.

Ma perché vi reputarono colpevoli dell’attentato?
“Eravamo semplicemente stati scelti come colpevoli!”

Cosa accadde poi?
“Nessuno di noi parlava, tutto taceva; solo il fruscio dell’erba interrompeva quell’agghiacciante silenzio.
Ad un tratto, quando eravamo già schierati per l’esecuzione della sentenza di morte, la voce del vicebrigadiere Salvo D’Acquisto esclamò: “Sono stato io!” Intimarono di allontanarci. Non capii cosa fosse accaduto, ma i miei compagni mi chiarirono le idee! C’era stato uno scambio! Una vita in cambio di ventidue! Vidi portare via il vicebrigadiere e, poco prima della scarica di un’arma automatica, udii il grido “Viva l’Italia”, lanciato dal carabiniere. Vidi un ulteriore colpo sparato da un graduato al corpo già riverso per terra. Vidi i soldati ricoprire il corpo con il terriccio, spostandolo con i piedi”.

Ha mai più rivisto i suoi compagni?
“Purtroppo no, anche se i loro visi sono scolpiti nella mia memoria”.

Cosa ha significato quell’esperienza per Lei?
“Quell’episodio ha segnato la mia esistenza: è diventato il punto focale delle mie riflessioni, lo spartiacque nell’arco della vita. Da allora sono diventato più impulsivo e più insofferente davanti alle ingiustizie. Forse se di anni ne avessi avuto di più, il trauma sarebbe stato minore”.

Quale testimonianza vorrebbe lasciare ai giovani di oggi?
“Salvo D’Acquisto era un giovane, un giovane valoroso che sognava di cambiare il mondo e credeva di poter vincere le ingiustizie della vita. In una lettera ai genitori scriveva: “ Voglio che le relazioni fra i Paesi siano guidate da uno spirito di pace e giustizia sociale”. E’ questo il messaggio che Salvo D’Acquisto avrebbe voluto trasmettere ai giovani, quale presupposto per una vita migliore. In ogni guerra non ci sono vincitori, ma solo vinti, vinti dall’odio e dal desiderio di supremazia. L’avidità e l’odio seminano solo morte. Solo l’amore per la vita e per il prossimo potrà salvarci dalla sicura distruzione. Ed è questo il messaggio che anch’io voglio lasciarvi.”

GIULIA VERZULLI

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