di ILARIA PASQUALINI
Siamo nel 1975. Precisamente tra il 29 e il 30 settembre in provincia di Latina. Qui due giovani amiche, Donatella Colasanti e Rosaria Lopez furono le vittime di un vero e proprio massacro. Le ragazze erano state invitate in una villa con l’intento di festeggiare e stare in compagnia di coetanei. I responsabili del crimine furono Andrea Ghira, Angelo Izzo e Gianni Guido appartenenti a famiglie benestanti di Roma. Ghira e Izzo avevano prima ancora del delitto del Circeo, precedenti penali e tutti e tre erano militanti di movimenti neofascisti. Donatella e Rosaria li conobbero la prima volta in un bar, tra loro nacque subito un feeling perché si dimostravano come ragazzi garbati e simpatici.
Ma Izzo e Guido proposero alle due ragazze di rivedersi per una festa a casa di un loro amico. Inizialmente trascorsero le ore a chiacchierare e ad ascoltare musica. Ma successivamente cominciarono a fare avances sessuali alle ragazze che subito si rifiutarono. Ma, a questo punto, i tre tirarono fuori una pistola, minacciarono le povere amiche che, rendendosi conto della situazione, scoppiarono a piangere. Per più di un giorno le ragazze furono violentate, massacrate, insultate e drogate fino a che Rosaria fu trascinata in bagno al piano superiore della villa e venne annegata nella vasca da bagno. Tentarono di strangolare anche Donatella, dopo averla colpita con prepotenza. La ragazza capì che l’unico modo per salvarsi era fingersi morta. Credendo di aver ucciso anche lei, la rinchiusero insieme al cadavere di Rosaria nel bagagliaio. Si fermarono nei pressi della casa di Guido e una volta lontani, Donatella iniziò a colpire le pareti della macchina e a gridare. Un metronotte si accorse dei rumori e avvertì subito i Carabinieri. In
questo modo ci fu il ritrovamento di Donatella e del cadavere di Rosaria. La ragazza fu portata velocemente in ospedale, dove le furono diagnosticate ferite gravi e danni psicologici, da cui non si riprese mai completamente.
Izzo e Ghira furono condannati all’ergastolo, mentre Guido ebbe una pena ridotta a trenta anni a causa della dichiarazione di pentimento e l’accettazione da parte della famiglia della ragazza uccisa di un risarcimento.